Caro Collega,
ti è sicuramente noto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità OMS ha diffuso un comunicato stampa sul rapporto tra carne e tumori. Tale comunicato esprime “contraddizioni che hanno spianato la strada a messaggi mediatici semplicistici, dannosi e allarmistici. Così l’OMS compromette la sua stessa autorevolezza.”
Lo scorso 11 novembre la nostra Associazione ha promosso informazioni corrette per tranquillizzare i cittadini sull’opportunità di mantenere un regime alimentare tradizionale, pur aggiornato ai ritmi di lavoro contemporanei, con la collaborazione del Dr. Davide Calderone, Direttore di ASSICA (Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi), che ha sottolineato le peculiarità dei salumi italiani, differenti rispetto a quelli prodotti all’estero, e ha evidenziato una sostanziale differenza nel regime alimentare fra i consumatori italiani e quelli di altri Paesi.
Calderone, utilizzando i dati provenienti dallo studio Meat consumption in the European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition (EPIC) cohorts: results from 24-hour dietary recalls (Public Health Nutrition: 5(6B), 1243–1258), ha mostrato i dati di consumo del nostro Paese e di altre nazioni europee, nelle quali si evince che in Italia si mangiano pochi salumi, molti meno rispetto agli altri Stati europei. In generale il consumo di carne rossa o trasformata in Italia è la metà (25 gr/giorno) di quanto valutato come potenzialmente rischioso dall’OMS (50 gr/giorno, con un aumento del rischio potenziale del 18%).
Inoltre, le differenze con l’estero sono evidenti anche considerando la tipologia e la qualità dei prodotti di salumeria consumati: noi prediligiamo prosciutto cotto e crudo, mentre in Europa si prediligono salsicce e prodotti maggiormente trasformati, spesso ulteriormente fritti o grigliati prima del consumo.
Infine, sono stati ricordati i valori nutrizionali dei salumi italiani (aggiornati dall’INRAN – ora CREA-NUT – nel 2011, dopo circa 20 anni dai precedenti), che evidenziano quanto siano cambiati questi prodotti, che hanno meno sale, meno grassi e più vitamine. Alla luce di tutte queste considerazioni, appare chiaro quanto la comunicazione relativa al Rapporto IARC, che tiene conto di prodotti e panieri di consumatori così diversi fra loro, non sia un esempio di una corretta informazione, ma generi, come è accaduto, un allarmismo ingiustificato.
Un Cordiale saluto Adriano Bampa