Enpam, guerra aperta sulla governance
Categoria: EvidenzaUltima modifica Mercoledì, 30 Aprile 2014 11:41
Sulla riforma dell’Enpam soffiano venti di guerra: i 10 Ordini (Milano, Ascoli Piceno, Bologna, Ferrara, Latina, Piacenza, Potenza, Salerno, Trapani e Verona) che contestano la proposta di riforma dello Statuto, alzano il tiro sulla governance dell’Ente, a partire dalla “sindrome dei 250 milioni di euro”, il danno prodotto dagli investimenti in derivati tossici di 6 anni fa.
“È fuori dubbio che il problema fosse a monte, sul sistema di governo che affidava decisioni su rilevanti scelte di investimento a persone che si sono rivelate quantomeno poco competenti”, ha dichiarato Roberto Carlo Rossi, Presidente dell’Ordine dei medici di Milano.
Gli emendamenti presentati dai 10 Ordini dissidenti concentrano l’attenzione sugli organi direttivi dell’Enpam: Consiglio Nazionale e CDA.
Snellire questi due organi sembra essere la strada maestra delle controproposte di riforma. Se nel progetto ufficiale dell’Enpam il Consiglio Nazionale deve essere composto dai presidenti di tutti gli Ordini dei medici chirurghi ed odontoiatri, da una rappresentanza dei presidenti di commissioni per gli iscritti all’albo degli odontoiatri (nella misura di un 10% di tutti i presidenti degli Ordini) e dai membri eletti su base nazionale (che devono rappresentare il 50% del totale ed essere eletti tra i contribuenti alle gestioni previdenziali dell’Ente ad eccezione di coloro che versano la sola “Quota A” di Previdenza Generale), i 10 Ordini propongono un Consiglio composto da 26 presidenti di Ordini dei medici ed odontoiatri eletti dal consiglio nazionale FNOMCeO e 25 medici e odontoiatri eletti su base nazionale tra i contribuenti (esclusi coloro che versano la “Quota A”).
La stessa logica investe il CDA; infatti, per gli Ordini “dissidenti” è più che sufficiente la presenza del Presidente, di 3 medici (di cui 1 odontoiatra) e di 3 esperti in investimenti finanziari, immobiliari e attuariali. I 3 esperti in materia finanziaria rappresentano la maggior novità, anche se non è chiaro su quali meccanismi si fondi la cooptazione.
Irrompono tra i due schieramenti anche le parole dello Smi (Sindacato dei Medici Italiani) sul tema della rappresentanza nel Consiglio Nazionale. Oltre ad una richiesta di maggior rappresentanza delle “Quote A” e una battaglia per un innalzamento delle quote di genere (si punta al 50% della rappresentanza), la battaglia si incentra sul ruolo predominante degli Ordini i quali, secondo lo Smi, dovrebbero occuparsi degli albi, della formazione e del disciplinare, non della previdenza.
Aspra la battaglia anche su altri due temi: la modalità di elezione dei membri del Consiglio Nazionale e la trasparenza, tema centrale nel dibattito italiano e mondiale. Per quanto riguarda la modalità di elezione, se la bozza ufficiale Enpam del marzo scorso non fa riferimento alle preferenze, i 10 Ordini propongono la preferenza unica, al fine di garantire una maggiore rappresentatività dell’elettorato. In tema di trasparenza si chiede, invece, diffusione e accessibilità a tutti gli iscritti “dei compensi percepiti dai membri del CDA e dei loro eventuali incarichi, con i relativi emolumenti, in società o fondi controllati o partecipati da Enpam”, nonché un monitoraggio della competenza e dei risultati degli esperti del mondo finanziario, previdenziale e attuariale del CDA.
Il cammino delle riforme, anche in questo caso, si sta trasformando in un campo di battaglia.
Simone Matrisciano